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Festa Minima

Rome

Italy.

Chiamarlo un anno difficile è un eufemismo. Nessuno se lo aspettava, che potesse succedere. Vivevamo belli incartati in una limitata e soffice incertezza, lavori precari, pensioni e stipendi così così. Poi però c’era il sabato per un giro al centro commerciale e per la pizza con gli amici. Ultimamente avevamo fatto persino l’abbonamento a Netflix, e ci sentivamo piuttosto bene.

Poi è arrivato lui, il virus, bastardo e infinitamente piccolo. Ha cambiato le cose in pochi mesi a tutti noi che pensavamo di essere molto bravi e infinitamente grandi: interi continenti e milioni di persone alle prese con la parola “epidemia”, quella stessa che prima di allora si sentiva ogni tanto nei notiziari che ne parlavano solo per paesi sconosciuti e lontani, e che comunque – si sapeva -non poteva riguardare noi. È arrivata pure quella strana parola inglese, che pochi avevano sentito prima: lockdown. Una delle poche parole straniere di cui rapidamente tutti hanno compreso il significato. Sono passati così tanti mesi di una guerra silenziosa, scandita soltanto da cifre quotidiane e ossessionanti. Fuori la vita si è fermata, i negozi hanno abbassato le saracinesche, siamo rimasti tutti chiusi in casa e abbiamo annientato i desideri. Così, dopo tanto, tantissimo tempo, stanchi e smarriti, siamo arrivati a Natale.

Quest’anno nella mia città tutto ha perso splendore. È stata, diciamo, una festa minima. Qui, in periferia, le abitazioni mostravano lievi segni di vita, strisce di luci intermittenti appese ai balconi e rese spettrali e assurde dalle strade semideserte. Ora poi, che il Natale è passato, e il Capodanno è stato salutato in pochi minuti con la rabbia di botti e fuochi d’artificio come artiglieria, è tornato il silenzio dell’attesa, e la sera alle finestre dei palazzi restano piccoli bagliori di led, stelle comete di plastica, palline colorate ormai opache, segni di un festa che comunque non c’è stata e non si sa tanto bene se sarà di nuovo la stessa. Passerà, sicuramente. Ci vorrà tempo, ci vorrà tempo.

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Ruggero Passeri

I was born in Rome in 1950. Self-taught photographer, I begun to use a camera when I was 13. I exhibited my photos for… More »

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